IL CANTO DELLA PITTURA
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COLORI, PALADINI DELLA VITA

di Umberto Vattani

Roma 17.03.17

Ho visto per la prima volta le opere di Maria Rita Vita un anno fa.
Mi hanno colpito per la fortedinamica della composizione che si rifà agli esempi più spregiudicati di action painting; per l’uso accorto di spatole e pennelli che creano bolle d’acqua, percorsi inestricabili, evoluzioni circolari; ma soprattutto per l’esaltazione dei colori che non bastano mai, anelano a congiungersi, a sposarsi, a rincorrersi gli uni e gli altri, presi da una furia di protagonismo esasperato.

Il risultato delle sue realizzazioni si presenta come un campo di battaglia sul quale permane una concorrenza spietata tra i vari elementi, vassalli sì, ma portatori ciascuno di una propria forza.

A nulla serve imprigionare i colori dietro sbarre: anche quando essi perdono la loro forza primordiale, si attenuano, rinunciano a prevalere su desolati spazi bianchi, dove s’intravedono in trasparenza le tracce di movimenti circolari che sono lì a ricordare le passioni irrisolte.

Le opere di Maria Rita Vita rivelano a seconda dei casi la supremazia del rosso sul giallo, del verde sul bianco, senza che i risultati di queste schermaglie possano mai turbare l’armonia che sottende all’architettura complessiva.

I suoi quadri rivelano al lettore questa lotta silenziosa tra i colori per l’assoluta preminenza.

Le linee, così importanti in alcune astrazioni come quelle di Hans Hartung, cadono, vittime predestinate a soccombere di fronte alla furia degli elementi in continuo movimento.

Le opere di questa artista rivelano il risultato temporaneo e precario di una lotta titanica tra i colori più accesi dove soccombono quasi sempre i più tenui, i più delicati.

La pittrice è costretta dal ritmo della creazione a raccontare precipitosamente, con l’intreccio dei colori, l’evoluzione del combattimento.

Ma mentre racconta, diventa lei stessa la forza del destino, lo strumento di cui il destino si serve per assicurare di volta in volta una creazione originale legata alla prevalenza del paladino di turno.

Per capire quale sia il più significativo punto di origine della sua ricerca è opportuno ricordare come il mondo medievale sia spesso raffigurato attraverso il disegno degli antichi arazzi, dove la scena è interamente dipinta, illustra ogni movimento e rivela la trama della  novella, come nel Decamerone.
Affiora in quelle opere il terrore del vuoto, che viene man mano occupato, straziato.
Anche nelle tele di Maria Rita Vita predomina l’horror vacui:  nelle sue opere appaiono come in un sogno fiori carnivori, specie vegetali in divenire, immagini che rivelano la forza di qualcosa che vuole emergere, esplodere, apparire a tutti i costi, tenere la testa fuori.
Le sue opere rivelano, attraverso una pittura immediata, affidata alla gestualità del braccio, un impulso passionale incontenibile che aspira alla nuova creazione.
Il colore diventa il veicolo, il substrato o meglio la piattaforma da cui scaturisce la composizione.

Per definire il suo linguaggio pittorico si è tentato di ricorrere all’espressione action painting quasi descrivesse meglio il gesto puro, il comportamento non controllabile dell’artista. In realtà se le sue opere enfatizzano l’atto fisico della pittura stessa, l’impulso, l’atto inconscio, l’azione spontanea eseguita senza pensarci, l’artista segue con ostinazione la sua ispirazione, avverte l’attrazione cromatica della natura poiché non subisce una totale avversione per la rappresentazione figurativa anche se cerca di distogliersi dal ritrarre cose o fiori. La fisicità stessa delle superfici coagulate e incrostate d’olio: è questa la chiave per comprendere come essa documenti la lotta esistenziale dell’artista.

Per questo motivo per Maria Rita Vita vige l’imperativo di dipingere, rimanendo fortemente aggrappata alla natura, e usando, forzando e contorcendo, con la sua suggestiva tecnica pittorica, i colori della sua paletta, veri paladini della sua arte.