Vita Nelle Arterie Del Bianco
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VITA NELLE ARTERIE DEL BIANCO

di Lodovico Gierut

dal: 16.7.2016   al: 22.7.2016
Ci sono momenti particolarmente importanti, ovvero passaggi, nel corso del viaggio di un’Artista.
Maria Rita Vita, che da tempo ha scelto di operare professionalmente e perentoriamente nell’ambito della creatività ne ha avuti alcuni.
Non li enumero tutti, per comprensibili motivi di spazio, ma è bene rammentare almeno due “personali” tenute negli ultimi anni a Firenze – nella centralità storico-artistica per eccellenza, e a Forte dei Marmi, alla CAsa Museo “Ugo Guidi”, scultore che ha insegnato pure all’Accademia di Belle Arti di Carrara.

Qualcuno pensava che Maria Rita Vita con tali mostre, e con altre significative presenze precedenti, e subitaneamente successive – anche per via della partecipazione a Collettive di spessore e inserimenti in collezioni pubbliche e private di gran livello – avesse già raggiunto un buon livello, cioè una sicura, definitiva meta, ma si sbagliava.
La sua indole apuana – accostata ad una ferrea volontà di attivarsi nella cosiddetta “ricerca artistica”, lo stesso DNA che è in lei come nelle genti di questi forti territori che furono della Nazione dei Liguri-Apuani che oltre duemila anni fa sconfissero Roma, anche se poi, con l’inganno, vennero debellati – oggi l’ha portata ad un nuovo traguardo.
Ho seguito con attenzione il suo viaggio, iniziato nella costante linearità figurale, continuato nell’accensione astratta (guardando anche a Jackson Pollock, è giusto citarlo), ed eccoci ora in una cornice unica ad ammirarne l’autonomia creativa.
E’ una “personale” giocata anche sul suo stesso cognome: “VITA nelle Arterie del Bianco”.
Ritmi rinnovati ed equilibri ottimali.
“La notte di Fantiscritti”, una tavola di pioppo, lo stesso legno scelto in più occasioni dai Maestri rinascimentali, ne simboleggia, con altre opere realizzate su tela, l’interezza espressiva.
Inutile dire degli accostamenti, degli incontri/scontri, delle armonie, del brulichio cromatico, della lucentezza dei tanti simboliche  – all’unisono – rendono omaggio ai cavatori di ieri e di oggi, e all’intero comparto lapideo inclusi tutti, diretti e indiretti, protagonisti di una storia che continua, a lei ben nota.
Una storia che è riuscita a condensare pittoricamente, la quale, alla stregua della Via Francigena, o Romea, ha derivazioni e variazioni e che qui si unisce molto bene al suo lavoro.
Non me ne voglia,  l’artista, se credo possa essere grata di aver raggiunto un traguardo che sicuramente oltrepasserà per andare su altri lidi, ripartendo proprio da queste “sue” terre apuane che hanno visto il soggiorno di letterati, di architetti, di scultori, di fotografi, di artigiani e di industriali (…) come Andrea e Giovanni Pisano, Dante Alighieri, Filippo Brunelleschi, Michelangelo Buonarroti, Giorgio Vasari, Antonio Canova……elenchi ed elenchi…e ci sono i Bergamini, Pietro Tenerani, Andrea da Carrara, Arturo Dazzi, Gigi Guadagnucci, Pietro Cascella, Ilario Bessi e altri ancora, con la storia del marmo tratto dalle ferite della montagna, fissata anche dal portus Lunae della civiltà romana.E’ eterna la materia rammentata da Plinio e da Svetonio e da Marziale, piegata dagli antichi marmorarii, dai quadratori, dai lapidarii (1) e da chi ne ha poi preso il posto, cioè dall’operoso universo apuo-versiliese.
Del marmo, che esige rispetto, se ne parla anche in una lirica di alcuni anni fa, a me particolarmente cara, che qui è puntuale e dove si legge testualmente (2):
“Ho visto gente ci calli nelle mani,
briaca di fatica,
con la camicia
incollata addosso dal sudore.
Il marmo è bianco.
Anche il pane mangiato in fretta
fra un turno e l’altro.
Tecchie e mine,
mai la ricchezza.
Quando la cava è gelida
e il freddo entra nelle ossa,
gli uomini diventano più piccoli
davanti alla bancata”.
La matericità dei dipinti di Maria Rita Vita – tagli netti, spatolate, accostamenti cromatici tali da soluzionare l’una e l’altra opera di un tutto ben concatenato che nell’alternanza delle stagioni a volta sembra entrare nel tempo, per poi uscirne e definirsi in un’altra dimensione – consentono di leggerne la personalità e gli intenti raggiunti.

E’ per tali motivi – pur se di lei potrei parlare a lungo – che ora volgo al termine, proponendo, come ho fatto in altre occasioni, alcune parole di una poesia intitolata “l’Arte”.
E’ dedicata a tutti.

 

“Arte,
sorreggi
la solitudine
dell’Uomo
e
traccia comete
nel cammino effimero”.

 

L’effimero, nel significato di “passaggio”, afferma la necessità, ancora oggi impellente, di lasciare sempre una traccia positiva, materiale o morale che sia.
La Cava di Fantiscritti, storica e attuale, ce lo prova, e Maria Rita Vita ben si accosta con i suoi dipinti all’eternità del marmo.

Lodovico Gierut
Scrittore e critico d’arte

Fantiscritti – Carrara 16.07.2016

Note
(1) – Vedasi, di Lodovico Gierut, “La statua di Santa Caterina da Siena e la storia del marmo di Carrara”, in Santa CAterina da Siena. Una nuova Statua di Eric Aman nella Basilica VAticana, a cura di Mons. Sergio Maurizio Soldini, Arti Grafiche Antica Porziuncola, Cannara (Perugia), 2000.
(2) “La Versiliana del marmo”, in I cento Arcobaleni, di Lodovico Gierut, Giardini Editore, Pisa 1989.

(Estratto dalla presentazione di Lodovico Gierut, Cava di Fantiscritti in Carrara, 16 Luglio 2016