Terra Di Marmo Con L'anarchia Dentro Il Cuore
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TERRA DI MARMO CON L’ANARCHIA DENTRO IL CUORE

di Marilena Cheli

dal: 16.7.2016   Al: 22.7.2016
Non ricordo dove ho letto questa definizione del comprensorio apuano, di questa terra di montagne imponenti scavate dal secolare lavoro dell’uomo che, al pari degli agenti atmosferici, le ha violate rilevando il cuore nascosto e prezioso di questo rude e vigoroso abbraccio che cinge la terra di Versilia.
Sono due gli orizzonti che i nostri occhi sono abituati a cercare: il mobile, scintillante orizzonte marino che, nella sua liquida materia, accoglie tramonti accesi ed infuocati e la severa chiostra delle Alpi Apuane che si tinge di viola all’imbrunire e si vela di un pallido e delicato color di cipria all’alba. Sono il buongiorno e la serena notte della nostra terra, dolce e aspra al contempo, docile e selvaggia, sempre amata.
Montagne come numi tutelari della vallata che si estende ai loro piedi, con le bianche ferite scavate nei loro fianchi da generazioni di sconosciuti cavatori, piccoli Davide contro un Golia marmoreo, che, anche se vinto, richiede sovente un tributo di sangue prima di cedere il suo tesoro.

Maria Rita Vita nelle sue opere ha voluto e saputo cogliere la fascinazione ed il timore che le Apuane incutono con la sensibilità e l’amore di chi ha vissuto alla loro ombra, ha visto i trionfi del lavoro umano e aha pianto la fatica e i lutti degli uomini del marmo.
La “Notte di Fantiscritti” è la trasposizione pittorica dello spirito delle cave: è un atto d’amore, di comprensione, di condivisione. La cava è vista nella notte, nel suo aspetto più intimo e incantato, senza il brulichio della presenza umana, nel momento in cui tutto è silenzio e sogno. Si svelano fantasmi del marmo che lasciano dietro di sé luminose scie dorate, si spalancano alte porte che conducono al ventre segreto della montagna e sbocciano fiori di marmo bagnati dal liquido argento della luna.
La notte delle cave rivela la loro anima intatta, l’origine d’acqua, il profondo e inviolabile mare interiore da cui hanno avuto origine e di cui conservano ancora marmoree perle candide e l’onda serpentina delle alghe.
Maria Rita Vita ha evocato, con animo anarchico rispetto alle regole, ma ubbidiente alle voci interiori, un inconsueto ed onirico paesaggio apuano, dove danzano i fuochi fatui che illuminano i convegni notturni di fate e folletti e brillano i cristalli dei marmi.
Ma la “Notte di Fantiscritti” è soprattutto una tappa del percorso di Vita come Artista, e di Vita come contenuto dei suoi quadri fortemente materici, nei quali la corposità dei materiali sembra vibrare di emozioni e di colori e suggerisce stralci di sensazioni, di stati d’animo intensamente vissuti, spesso acutamente sofferti. Dalla notte e dal silenzio passiamo agli altri quadri, vere e proprie grida di colore e di emozioni.
L’utero primordiale delle cave è illuminato dai gigli di palude, che sembrano emergere attraverso una liquida superficie colorata da foglie rosse come il sangue della terra; in “Steli” una fantasmagoria di fiori, petali, steli ondeggia e volteggia in una magica sarabanda, pronta a riversarsi in una profumata cascata sui marmi della cava.
“Macchie d’Infinito” e “Sentiero Bianco” sono la trasposizione emozionale e pittorica delle venature del marmo, anche se nella prima opera, un leggero reticolo a tratti interrotto, sembra essere un ostacolo e al contempo un varco per il raggiungimento dell’infinito.
Ed ecco che in “Gocce d’Arte” prende forma il profumato e variopinto giardino dell’Eden, declinato nelle sue sfumature più intense, con una duttilità di segno e una sapiente combinazione coloristica tale da evocare persino l’aroma di questa ricca flora.
Che dire di “Linfa Grezza”?
E’ l’Arte la linfa vitale che scorre nelle vene dell’Artista: quella linfa che la nutre e la fortifica, che diventa parte integrante del suo essere tanto da parlare in sua vece.
Le opere di Maria Rita Vita sono il Suo specchio fedele, ci parlano più di quanto essa stessa riesca a fare con le parole, esprimono la parte più profonda ed intima del suo io, che scaturisca in modo quasi inconsapevole.
L’armonia cromatica di “Profumo di un ricordo” non può non evocare qualcosa di dolce e struggente: i fiori dei suoi ricordi non soo appassiti tra le pagine di un libro, ma mantengono inalterata la loro freschezza nella morbida pennellata dei colori.
L’Artista riesce a dare voce e forma al suo inconscio e non è quindi difficile seguire il suo percorso interiore: il candore della sua “Maternità” e del “Canto degli Angeli” sono la metafora dell’innocenza, di un nobile e mistico sentimento d’amore che brilla di riflessi dorati. In “Fusione di Cellule” è il momento dell’energia travolgente, uno scoppio di vitalità caldo ed infuocato, forse una vampa di sofferenza, ma al di là la pace di una marina, meta delle solitarie passeggiate dell’Artista che in essa trova serenità e significati.
“Letto di Fiume” è il pacato scorrere di acque e tempo, un lento fluire di ricordi ed emozioni di cui, i colori meno accesi del solito, rispecchiano il momento della meditazione che Vita sente come parte imprescindibile del suo essere. E di nuovo i colori esplosivi di “Danza Notturna” in cui ognuno riesce a cogliere ciò che la sua sensibilità  suggerisce: una figura in cammino, forse metafora del percorso esistenziale ed artistico di Maria Rita, un cuore pulsante, lo slancio alato di un cane. Potrei continuare all’infinito, ma è giusto che gli osservatori autonomamente percepiscano le emozioni che suscitano in loro questi quadri.
Per quanto mi riguarda ciò che mi affascina nelle opere dell’Artista è la complessità dei sentimenti espressi, spesso in contrasto tra di loro come quelli che albergano nell’intimo di ognuno di noi, ai quali cerchiamo spesso di dare coerenza senza riuscire nell’intento, e che vediamo mirabilmente rappresentati nelle sue opere.
Vita è lo specchio di tutti noi, colei che liberamente, senza timori offre e mostra la complessa e contrastante interiorità che è il dono più nobile e sofferto dell’essere umano.